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Giornata mondiale della fotografia

Il 19 Agosto del 1839 il fisico Francois Arago presentò presso l’Accademia delle Scienze e della Arti Visive di Parigi il “dagherrotipo”, il primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini.

È, dunque, in quel giorno che l’umanità intera iniziò a immortalare momenti, attimi, dettagli e ad imprimerli attraverso la retina in un procedimento che da quel momento non ebbe mai fine.

Ma la storia va rispettata, sempre e comunque, per onorarne la memoria, la stessa che grazie ad una fotografia, riusciamo a conservare intatta fino al suo minimo dettaglio.

Dobbiamo infatti risalire al 1826, anno in cui Joseph Nicéphore Niépce fu in grado di scattare la prima foto al mondo con una camera oscura. Riuscì cioè non solo a riprendere un’immagine, ma anche a fissarla su un supporto fisico. Il risultato è la famosissima eliografia su lastra di stagno, “Vista dalla finestra a Le Gras” (in francese „La cour du dolmaine du Gras“), ancora oggi intatta.

Niépce iniziò a collaborare nel 1829 con Louis Daguerre per sviluppare ulteriormente questa invenzione ma morì quattro anni dopo questo sodalizio e Daguerre dovette migliorare da solo questa nuova procedura proprio fino alla data in cui si festeggia la sua invenzione come la conosciamo oggi.

Camera oscura

Una nuova arte

Ancora, è dal 2010 che, grazie al fotografo australiano Korske Ara, ogni 19 Agosto si celebra la Giornata Mondiale della Fotografia.

Considerata non da troppo tempo arte a tutti gli effetti, la fotografia riassume la sua importanza partendo dall’etimologia della parola stessa: dal greco “phos”, luce e “graphé”, grafia, significa letteralmente “la scrittura della luce”.

Sono moltissimi gli artisti e le artiste che hanno deciso, nel tempo, di dedicare la propria vita alla fotografia, iniziando a scrivere pagine legate a moda, arte, danza, teatro che ancora oggi riescono ad emozionare ed emozionarci.

Di tutti i periodi storici, fu il surrealismo – verso il 1920 – a strizzare l’occhio alla modalità più particolare di scattare foto: accostando, cioè, elementi paradossalmente distanti tra loro e privi, tra loro, di alcun significato, con l’intento di imprimere messaggi legati al senso onirico e nascosto più profondo delle nostre emozioni.

Libertà, la parola d’ordine dei fotografi dei surrealisti – dei quali ricordiamo il celebre Man Ray -, una libertà agita e voluta attraverso il palesarsi di un inconscio impossibile da decifrare razionalmente ma reso eccezionale grazie alla psiche umana quando addirittura spiegabile attraverso i sogni.

Credit photo: Samantha Jade Royds

Foto di Man Ray

Insomma, parlare di fotografia e dei suoi esponenti rischia davvero di farci perdere nei meandri di significanti e significati, perché è proprio la libertà di poter decodificare ogni immagine che ci si pone davanti a seconda delle singole emozioni e consapevolezze che porta quest’arte ad essere protagonista anche della digitalizzazione.

Attraverso i nuovi dispositivi tecnologici, infatti, non stampiamo più nulla ma immagazziniamo i nostri ricordi all’interno di box digitali, con il rischio di perderne per sempre presenza ed emozione.

È per questo motivo che i villaggi BiHoliday ogni anno si fanno portavoce di un pensiero comune: alzare gli occhi al cielo, imprimere ricordi, scattare emozioni per poi renderle ancora più reali e sensibili grazie ad una stampa vera e propria: che passi di mano in mano; che viva di tatto e vista; che non rimanga solo un ricordo ma diventi una pagina da scrivere fino all’infinito. Che sia di insegnamento e di racconto; un racconto corale di cosa davvero abbiamo avuto la fortuna – questa è la speranza sempre – di vivere nelle nostre singole o collettive vite.

A volte basta un “click” e non occorrono neanche le parole. Scegliete la vostra foto preferita, adesso? Forse, sarà quella che ancora dovrete scattare